La ragione d’esistenza dell’umanità

Di Angelo La Rosa

A volte desidero poter volare con la mente verso altre dimensioni, o verso strati più eterei dell’universo, alla ricerca di qualcosa che riesca davvero a coinvolgermi. Credo che questa tensione possa essere definita come la volontà di immaginare spontaneamente, fino a quando la mia attenzione non si posa su qualcosa che catturi davvero il mio interesse. Non è la stessa cosa dell’esteriorizzazione: in quel processo, credo, si conserva la forma che si conosce nella realtà. Ma questo è un concetto che sento appartenere al passato.

Ciò che oggi mi spinge a desiderare di trascendere la realtà che mi circonda è una profonda stanchezza, accompagnata dal desiderio di vivere qualcosa di nuovo. Mi sento pronto per elevarmi, per aprirmi a nuove esperienze.

Molte volte ho fallito in questo slancio, rimanendo deluso dal fatto di non riuscire a trovare nulla in grado di farmi volare con la mente. Così resto a guardare la realtà come se fosse la mia prigione eterna.

Se l’umanità non avesse l’“avere”, forse non saprebbe nemmeno cosa fare della propria esistenza. Eppure, la vita non consente a tutti di colmare il proprio vuoto interiore attraverso il possesso. Allo stesso tempo, chi ha troppo finisce col non sapere più cosa desiderare. In entrambi i casi si rischia di cadere in una crisi, domandandosi come continuare a vivere, come proseguire un’esistenza percepita come insignificante, priva di uno scopo autentico.

Il piacere, per quanto intenso, è troppo effimero rispetto al vuoto lasciato dentro da certe domande sull’esistenza. Solo ora comprendo chiaramente che l’umanità deve avere dentro di sé un motore segreto che le permette di andare avanti, di sopravvivere nonostante tutto — nonostante una realtà quotidiana che spesso non lascia spazio alla speranza in un futuro migliore.

Non è la procreazione, non è solo il desiderio di avere dei figli e sacrificarsi per loro. Può essere una parte del senso, sì, ma non è sufficiente a colmare il vuoto profondo di un’umanità che dentro si sente smarrita. Non basta a mettere a tacere quelle domande che, prima o poi, ci attraversano tutti. Quando un momento critico apre una frattura nella nostra vita, ce lo chiediamo inevitabilmente: Chi siamo? Perché viviamo?

Prima o poi queste domande esploderanno dentro di noi, sembreranno quasi farci crollare dall’interno, eppure — nonostante il dolore — continueremo a sopravvivere, nel bene o nel male, dentro le società che abbiamo costruito. Mi rendo conto che siamo tutti attaccati alla vita come lucertole che si scaldano al sole su un muro. Andiamo avanti, sopravviviamo, anche se spesso ripetiamo sempre le stesse cose, vita dopo vita, come attori svogliati di un teatro che ha rapito le nostre anime per il proprio divertimento.

Viviamo anche in un’epoca frenetica: i social, internet, i cellulari sempre con noi ci permettono di sapere tutto ciò che accade nel mondo. Non esiste più solo il nostro Paese, non siamo più solo italiani: siamo europei, cittadini del mondo, informati su ogni cosa, persino sulle politiche disastrose di Paesi lontani. Per questo i governi sono costretti a decidere in fretta, e i cambiamenti potrebbero travolgerci da un giorno all’altro, senza lasciarci neppure il tempo di alzarci e prepararci la mattina.

Forse andrà tutto bene. Forse vivremo di nuovo la guerra. Ma non è questo il punto.

La gente è sempre impegnata, perché costantemente controllata, schiacciata da una preoccupazione o un’altra. La velocità con cui il mondo cambia non ci lascia spazio per noi stessi. Eppure, credo che siano proprio quelle domande – quelle senza risposta – a essere ciò che serve, forse più di ogni altra cosa, anche a me, per poter andare avanti.

Qual è la ragione d’esistenza della razza umana? Nessuno lo sa, ne sono certo. E più cerco una risposta con la mia immaginazione, più ne resto deluso. A volte osservo le vite che ho vissuto e mi accorgo che alcune sono state intensissime, tanto da provocarmi ancora oggi dolore. Eppure resto attaccato a esse, non riesco a liberarmi delle emozioni che mi hanno lasciato. Le amo e le odio allo stesso tempo. Forse è proprio qui che devo guardare meglio.

In ogni esperienza vissuta, in ogni esistenza attraversata, ho portato con me tanto il mio lato oscuro quanto quello luminoso. Ma allora, cosa può davvero interessarmi di questo passato sconsiderato?

Ultimamente, però, ho capito qualcosa.

Credo che l’intera umanità, senza rendersene conto, insegua un’unica cosa — un motore profondo che le permette di sopravvivere. È una prerogativa della specie umana, forse l’unica vera abilità che le appartiene. L’umanità, secondo me, cerca e custodisce nel ricordo quei momenti in cui è riuscita a superare se stessa in un mondo fatto di opposti. Quei rari momenti in cui ha saputo agire senza lasciarsi contaminare dalla propria parte negativa.

E questo è, semplicemente, l’amore.

Ho capito che l’umanità è capace di amore, anche se vive immersa negli opposti, anche se non è presente a se stessa, anche se non ha mai lavorato interiormente. È una possibilità che ci appartiene tutti, una forza che possiamo coltivare. L’amore è la ragione d’esistenza che non conosciamo. È la capacità di fare qualcosa per gli altri, e riuscirci, solo per amore.

Non parlo della passione, dell’amore romantico, della beneficenza, della religione o di quel buonismo vuoto con cui la nostra società, priva di valori, cerca di travestirsi. Parlo di un amore vero, silenzioso, ostinato. Ed è per questo che rifarei tutto ciò che ho fatto nella mia vita, mille volte ancora, per portare avanti quello in cui credevo, anche quando le condizioni sembravano assenti. Perché l’impegno che ho messo in tutto questo è stato amore per me stesso, nonostante le difficoltà.

L’amore, quello vero, è ciò che ci permette di trascendere la realtà. È ciò che mi fa volare con la mente oltre le mura della mia realtà apparente. Posso assegnargli un simbolo e inseguirlo, evocarlo nella mia mente come qualcosa che si distacca dalla tristezza, perché il vero amore non abita più negli opposti.

Nell’immensità del cosmo, l’amore è come una stella che brilla solitaria ma tenace, guida luminosa nella notte. È la metafora perfetta della ragione d’esistenza dell’umanità: un faro che, in mezzo all’incertezza e all’infinito, ci offre direzione e speranza. Come una stella guida i naviganti, così l’amore autentico può indicare la via anche nei momenti più bui, rimanendo immutabile, come una costante nel cielo della nostra esistenza.

ANGELO LA ROSA PROGRAMMATORE INFORMATICO, DESIGNER E BLOGGER DI REBIS

Pubblicato da Redazione Rebis

Membro gruppo esperti e gruppo redazione di Rebis.

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