Psicologia e sciamanesimo

La terapia concepita come rito di passaggio attraverso cui perseguire l’autoguarigione e lo sviluppo di potenzialità latenti

Il rito di transizione è un cerimoniale che sancisce il passaggio da una condizione all’altra. Nelle cerimonie di iniziazione, per esempio, dopo aver superato una serie di prove si passa dall’essere un adolescente, un individuo a cui gli adulti si sentono in dovere di dare consigli, orientamento e supporto all’essere un guerriero o un cacciatore. L’iniziato acquisisce un nuovo status, nuovi obblighi, nuove responsabilità.

L’ identità di un individuo si struttura all’interno della relazione sociale. Si passa gradualmente da uno stadio indifferenziato di percezioni, emozioni, vissuti corporei tipici del neonato al vedersi come individuo inserito in una rete sociale.  E’ la madre che accarezzando il bambino, lo aiuta a rendersi conto del fatto che è un entità separata da lei, che ha un corpo con delle dimensioni specifiche. Poco per volta il bambino comincia a pensare a sé come soggetto, impara che lui come gli altri, ha dei pensieri, delle emozioni. Si passa da una fase di destrutturazione a una fase in cui sono presenti i differenti ruoli progetto descritti da Moreno.  Essi sono organizzatori dell’esperienza perché danno forma e senso al mondo interno. Grazie a loro l’individuo riesce a coordinare tra loro le percezioni e le azioni e a lavorare per obiettivi. Sviluppa un modo peculiare di rapportarsi agli altri e alle situazioni specifiche. Si forma dei modelli operativi interni riguardanti chi è, chi sono e come si comportano gli altri e cosa può dare e ricevere all’interno delle relazioni.  

Il rituale, proprio come la psicoterapia, si svolge in un luogo uno spazio e un tempo ‘’sacri’’, ben distinti da quelli ordinari o ‘’profani’’. Lo psicoterapeuta e il paziente abbandonano i ruoli assunti nel quotidiano. Si entra in un mondo che richiama il themenos junghiano, uno spazio psicologico e istituzionale che come il recinto dei templi greci isola e protegge dagli oggetti esterni il sacro. In esso è proibito agire per i fini che si perseguono nel mondo profano. Lo scopo non è quello di soddisfare bisogni fisici o ottenere vantaggi materiali ma sperimentare una nuova modalità di conoscenza che porti ad un cambiamento profondo nella psiche del paziente.

Nei riti, come nella psicoterapia, si riconoscono tre fasi. Prendiamo come riferimento la prassi adottata dalla psicoanalisi classica che utilizza come ausilio strumentale l’analisi del transfert. I vissuti, le rappresentazioni del paziente, i suoi modi di agire vengono analizzati tramite il tipo di relazione che questi crea con il terapeuta. L’instaurarsi del transfert coincide con la fase di separazione, il lavoro attraverso il transfert con la fase di transizione e la fase di risoluzione del transfert con la fase di riaggregazione.

La fase di separazione determina il distacco dei soggetti dalla condizione sociale precedente attraverso una serie di attività esperienziali dalla potente carica simbolica. Ci si sdraia su di un lettino innanzi al terapeuta senza che questi sia visibile. La posizione supina e la mancanza di informazioni kinestetiche privano l’individuo delle cose essenziali per agire i ruoli sociali abituali. C’è una destrutturazione del pensare e dell’agire ordinario. Nella relazione con l’analista, a causa di questo stato di cose, i pazienti potranno mettere in scena parti diverse. Più inusuali, più primitive, più frammentarie. Allo stesso modo, in molte pratiche sciamaniche si dispone l’interessato in una condizione di passività, di estremo rilassamento, quasi di sogno che favorisce l’instaurarsi della condizione liminale. Poco per volta la mente razionale molla gli ormeggi. Il porto sicuro delle categorie con cui il soggetto controlla l’esperire scompare. Abbandona le preoccupazioni legate alla vita quotidiana e ai problemi concreti. Il cervello comincia a funzionare seguendo il ritmo alpha o ritmo di Berger (8 -13 Hz) tipico degli stadi in cui si è assorti, in dormiveglia o completamente rilassati.

La destrutturazione è essenziale affinchè il paziente possa accedere alla seconda fase, detta di transizione. Il soggetto qui vive in un limbo, in una condizione di indeterminazione. I confini tra bene e male, vita e morte, interno ed esterno, maschio e femmina, sole e luna diventano labili. E’ un processo paragonabile ad una nuova gestazione in cui sono presenti i germi del cambiamento. Un’ occasione per sviluppare nuovi simboli, nuove rappresentazioni, nuovi ruoli e nuovi modi di essere in relazione. Non è possibile agire nessuna trasformazione se questa prima non viene sognata o immaginata. Le idee, gli stati affettivi, le sensazioni corporee vissute nella fase liminale sono nient’altro che le propaggini della mente subcosciente che prende il controllo della personalità.

James Hillman psicoanalista di formazione junghiana scrive «Solo così possiamo far dialogare la personalità abituale che governa il nostro mondo diurno con le molteplici personalità secondarie che vivono nello spazio onirico, spesso scisse, destrutturate ma a volte configurate in ruoli: madre, amante, figlia, strega, regina, meretrice, danzatrice, sibilla, ninfa. Le molte personalità del mondo notturno si infondono negli atteggiamenti che dominano la nostra vita diurna, a nostra insaputa. Solo personalizzandole possiamo liberarci dalla autotirannia di un Io unilaterale e insieme, dall’oscuro dominio di certe parti inconsce, comprendendole e dialogando con loro. Quella che una volta era un’emozione, un sintomo, un’ossessione adesso è una figura con la quale posso discorrere.»

Come l’iniziando dei riti sciamanici il paziente che ormai non ha a disposizione i riferimenti abituali diviene una sorta di tabula rasa. Assume una posizione ‘’ femminile’’. Diventa recettivo, capace di accogliere ciò che emerge dal suo interno o al contrario, nelle terapie basate sulla suggestione, ciò che gli suggerisce il terapeuta. Qualora non avvenga la regressione non si potrà e non si dovrà parlare di psicoterapia ma di counselling.

La terza fase che caratterizza la maggior parte dei riti è quella di riaggregazione. Qui il paziente si riappropria delle sue proiezioni sul terapeuta che comincia ad essere visto come un uomo con i suoi pregi e difetti. Si cala di nuovo nei ruoli convenzionali che gli sono propri (padre, manager, amico, marito) ma adesso è una persona diversa. La fase liminale ha portato ad uno smembramento della sua precedente identità e a una trasformazione nel modo di vedere sé stesso e gli altri che si manifesta nella vita quotidiana. Nelle terapie sciamaniche dopo la fase di transizione il malato viene riammesso all’interno della comunità perché grazie all’ aiuto del ministro di culto ha attivato in sé i meccanismi di autoguarigione.

Il guaritore, che si parli di uno psicoterapeuta o di uno sciamano, nella sua formazione ha affrontato la perdita della Presenza.  Ha attraversato la malattia, la follia, la spersonalizzazione, la morte.  E’ stato temporaneamente incapace di assolvere alle sue responsabilità, ai suoi doveri, incapace d’amare. Ha vissuto in una fase liminale, in una sorta di oblio a metà tra il mondo di sopra e il mondo di sotto. Tra razionalità e inconscio. E’ disceso nel proprio inferno personale tornandone con un dono per gli altri. Come la fenice, è rinato dalle sue ceneri. Come il serpente ha dismesso ruoli e identità ormai obsolete. Adesso può assolvere alla funzione di Guida. Illuminare il tragitto degli altri che dopo di lui si accingono a muoversi tra consapevolezza e inconscio, interno e esterno, fantasia e reale. Può guidare le Anime sulla via che conduce all’ Essenza. Accompagnare nel processo di espansione della Coscienza.

Iolanda Della Monica
Blogger Gruppo Rebis

Pubblicato da Redazione Rebis

Membro gruppo esperti e gruppo redazione di Rebis.

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