La Vita è un attimo

Illustri scrittori e poeti lo dicono da sempre e frasi famose quali “cogli l’attimo” o “l’attimo fuggente” sono rimaste nella nostra memoria, spesso, aihmè, a ricordarci quando non lo abbiamo fatto e abbiamo perso quell’attimo tanto nitido quanto impalpabile.

Perché, se è così chiaro, non riusciamo a coglierlo e a realizzarlo? Vi racconto la mia riflessione e la mia storia.

La vita è un susseguirsi di singoli attimi e da ogni singolo attimo deriva il futuro che vivremo. La nostra scelta o non scelta in ogni singolo attimo determina ciò che saremo o non saremo in futuro. Ogni passaggio da uno stato a un altro, da una dimensione a un’altra è un attimo, l’attimo di congiunzione o separazione fra due condizioni di esistenza. Anche la morte è un attimo, l’ultimo attimo dell’esperienza terrena che stiamo facendo con un corpo.

La nostra memoria personale e genetica porta quindi con sé la registrazione di migliaia di attimi che formano catene di ricordi, ciascuno col suo contenuto emozionale, di pensieri ed esperienze, alcune positive altre negative. Ogni esperienza, per lunga che sia, è stata tuttavia determinata dal suo primo attimo.

Prima di diventare un frammento dell’esperienza della nostra vita, quell’attimo è fuori dal tempo e dallo spazio. È un attimo di comprensione, la comprensione del passaggio da una condizione a un’altra, l’attimo in cui l’Essenza vede entrambe le condizioni e i futuri che queste presuppongono e può creare il suo futuro.  Questa comprensione è impalpabile; per renderla tangibile dobbiamo portarla nella nostra vita attraverso un’azione in quello stesso istante in cui l’abbiamo avuta.  Se, per varie ragioni, questo non fosse possibile, possiamo per lo meno scrivere ciò che abbiamo compreso nell’istante in cui questo è avvenuto e, appena possibile, fare per lo meno il primo passo dell’azione che abbiamo visto già realizzata in quell’attimo. Nella mia esperienza ho notato che questo è indispensabile per non perdere il collegamento con quell’attimo fuori dal tempo e non lasciarlo quindi morire.

Personalmente ho spesso sottovalutato questa dinamica con la conseguenza di aver creato molte occasioni perse. Sia perse perché non realizzate, sia perse nel loro sapore e nella loro autenticità.  Il tempo che mettiamo fra quell’attimo e la realizzazione del suo contenuto è una voragine che inghiotte la sua sostanza e ci lascia solo la teoria e il ricordo del suo contenuto. Spesso questo porta a realizzare cose “vuote”, cattedrali nel deserto alle quali noi stessi non riusciamo più a dare il valore e la luce che avevano nel nostro attimo fuori dal tempo.  In quell’attimo c’eravamo noi come Essenza. Se non manteniamo quel punto di osservazione, entra in gioco il contenuto mentale che ci proporrà infiniti possibili futuri, ma non il futuro che da quell’attimo avremmo potuto creare.

Mio padre è morto d’infarto in un attimo, io avevo poco più di vent’anni e solo di recente ho compreso che la sua esperienza registrata anche nella mia mente è diventata per me un punto di vista attraverso il quale non ho colto molti attimi. Per lui, infatti, quell’istante tragico è l’attimo in cui ha perso la vita e, di conseguenza, la possibilità di cogliere qualsiasi altro attimo della sua esperienza terrena. Questo ricordo genetico di morte, insieme con altri ad esso collegati per similitudine, credo abbia contribuito a rendermi incapace di cogliere gli attimi e realizzare subito il loro contenuto: ripetevo inconsapevolmente l’attimo in cui lui aveva perso la vita, ossia la possibilità di agire. Assumeva quindi il significato di attimo perso creando una catena di attimi persi che purtroppo affollano il mio vissuto.

Come dicevo prima, ogni evento della nostra vita inizia con un attimo e, a seconda di come viviamo quel primo istante, determiniamo l’esito di molti eventi. Pensate a un conflitto con qualcuno per esempio: si potrebbe dire che nel primo attimo della partita ci giochiamo l’intera gara e il suo esito!

Se manteniamo il nostro punto di osservazione fuori dal tempo, ossia nell’attimo di passaggio fra le due condizioni, saremo in grado di vederle entrambe.  In quel momento e solo in quel momento, possiamo dire di poter scegliere e creare un futuro diverso. Se non lo facciamo, forse possiamo illuderci di scegliere, forse incolpare l’interlocutore col quale si sta proponendo il conflitto, ma nella realtà non stiamo scegliendo proprio niente. Il nostro attimo di lucidità è stato inghiottito dalla voragine del contenuto mentale nostro e del nostro interlocutore e vivremo il futuro già predeterminato dalle emozioni e dai pensieri che il conflitto prevede. Siamo quindi entrati nelle registrazioni mentali più solide, dove uno deve vincere e l’altro perdere. Il contenuto mentale che si apre propone lo scontro e noi, lancia in resta, partiamo per una battaglia che avremmo potuto evitare se avessimo preso una decisione diversa in quel primo attimo.  Forse il conflitto non sarebbe neppure sorto oppure avremmo trovato una soluzione per uscirne al meglio, noi e il nostro interlocutore.

Quanto è grande il cimitero dei nostri primi attimi perduti? Il mio parecchio, non solo per le occasioni perse in senso stretto, ma per gli attimi in cui la vita ha preso una piega che avrebbe potuto essere un’altra se io avessi mantenuto il punto di osservazione esterno nel primo attimo di ciascuna occasione.

Io credo sia totalmente scorretto, oltre che enormemente stupido, lasciar morire i nostri attimi di comprensione. Loro sono gli unici “attimi di vita” della nostra vita, sono gli unici che possono creare un futuro di vita vero e nuovo.  Se li lasciamo andare non cogliendoli, loro si perdono e la nostra Essenza insieme a loro.  

Ricordiamoci che non potremo evitare il nostro ultimo attimo e in quel momento l’unica cosa su cui potremo contare sarà la nostra Essenza, che sarà tanto più forte quanto più l’avremo espressa nella nostra vita nei singoli attimi in cui ci ha suggerito ciò che era meglio per noi.

Graziell Cella
Blogger Gruppo Rebis

Pubblicato da Redazione Rebis

Membro gruppo esperti e gruppo redazione di Rebis.

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