Il consumo consapevole

E’ risaputo che la specie umana, grazie alle sue notevoli doti intellettuali e allo sviluppo della scienza e della tecnologia, domina tutte le altre specie viventi. Nessuno tra tutti gli animali che nel corso dei millenni ha abitato sulla terra (per fortuna) è riuscita a fare al pianeta quello che l’uomo ha fatto in poco meno di mezzo secolo a partire dalla rivoluzione industriale. Il consumo indiscriminato di spazi e risorse, l’uso distorto che si fa delle tecniche sviluppate dal progresso scientifico, il soffermarsi solo sull’utile immediato senza tenere in nessuna considerazione gli effetti a lungo termine hanno modificato il millenario equilibrio planetario. 

All’inizio della sua evoluzione l’uomo per la propria sopravvivenza si affidava alla caccia, alla pesca e all’agricoltura che svolgeva in armonia con i cicli naturali. L’urbanizzazione conseguente allo sviluppo della civiltà industriale ha creato il problema di smaltimento dei rifiuti e dell’acqua non potabile oltre che un peggioramento della salubrità dell’aria annerita dai fumi e dalle polveri. Se non ci sarà una repentina inversione di rotta si assisterà all’estinzione di tutte le forme di vita. Ogni attività umana inevitabilmente compromette alberi, suolo, aria, acqua e combustibili fossili. Il neoliberismo non ha né tempo né interesse ad aspettare che madre terra rigeneri le risorse che sono state arraffate dalla cupidigia umana, né limita il rapido consumo delle risorse non rinnovabili. Non esiste sviluppo tecnologico in cui il costo ambientale sia pari a zero. Non esiste e mai esisterà. Ma volendo lasciare da parte soluzioni semplici che troppo spesso vengono adottate, perché non si hanno le competenze per risolvere questioni complesse che offendono l’intelligenza di chi le ascolta oltre che mettere in pessima luce chi le pronuncia, possiamo affermare che il progresso tecnologico è inarrestabile ed inevitabile.

E’ impensabile rinunciare a Internet, all’automobile o all’acqua corrente, a meno che non si abbiano tendenze ascetiche (il 99 % degli esseri umani sfortunatamente per l’umanità, gli animali e il pianeta non ha di queste ambizioni). La situazione è critica, molto critica. Con uno stile di vita siffatto in un secolo arriveremo all’estinzione, inaridendo le aree verdi, inquinando l’acqua e distruggendo tutto ciò che c’ è di vivo. La percezione del rischio è soggettiva e, tra le altre cose, correla con quanto gli esseri umani sentono di poter controllare un certo avvenimento. E’ importante capire che si ha il potere di incidere sui mercati, sul tasso di inquinamento ambientale tramite le azioni più semplici, tramite cose che ognuno fa quotidianamente senza rendersene conto, senza essere consapevole di cosa c’è a monte e di quali saranno le conseguenze di quell’azione. Tutti i cittadini devono quanto prima, prendere coscienza del proprio potenziale trasformativo. OGNUNO ha il potere, il DIRITTO e il DOVERE di cambiare le cose, di contribuire all’evoluzione della comunità umana e al miglioramento della sua propria qualità di vita. Le rivoluzioni sono sempre partite dal basso. 

La cosa più “naturale” sarebbe quella di continuare a comportarci come se altri dovessero risolvere i problemi che TUTTI NOI in proporzione maggiore o minore abbiamo contribuito a creare con l’agire inconsapevole. Quasi tutti pensano e agiscono come se esistesse una stirpe di sangue blu, una categoria di esseri umani super intelligenti, super competenti a cui il padreterno ha concesso i superpoteri che debba prendersi l’onere di risolvere i problemi di tutti perché si hanno troppi impegni, non si ha tempo, perché si è stanchi, perché tanto il mondo non si cambia. 

Soltanto i filosofi, i romantici e le persone che non stanno con i piedi per terra possono pensare di rivoluzionare il modo di fare le cose. Ma questo atteggiamento pone il cittadino in una condizione di passività. Se si adotta questo modo di pensare si attribuisce la colpa del degrado ambientale e sociale ai politici, ai potenti. Si considerano le persone normali come delle pecorelle inermi che non sanno mai cosa dire, cosa fare, cosa pensare. Si aspetta un nuovo profeta, un moderno Mosè che dietro ispirazione divina dica a tutti come è bene agire, cosa si deve pensare. Questa prospettiva dipinge la stragrande maggioranza degli esseri umani come gusci vuoti che debbano essere infarciti di informazioni, in attesa di un pastore/padre che possa docilmente condurli in una terra in cui scorre latte e miele. Ma per fortuna esiste un altro tipo di atteggiamento più produttivo. 

Possiamo imparare ad assumerci le nostre responsabilità e acquisire una visione più competente della realtà. Imparare a vederci come attivi fautori del progresso sociale e non come passivi osservatori. Possiamo scegliere di emanciparci da certi infantilismi psichici che non sono funzionali né all’evoluzione individuale né a quella collettiva.  E’ troppo comodo dividere i buoni dai cattivi, abdicare alla volontà di essere strumento e attore del cambiamento e mettere la testa sotto la sabbia nel momento in cui urge trovare una soluzione. Ebbene sì, la colpa è di TUTTI.

Si commette un errore logico se ci si ferma ad attribuire responsabilità solo alle elites finanziarie, alle multinazionali, ai politici corrotti, alla stragrande maggioranza dei cittadini che passivamente permette ai governanti e agli investitori di fare scempio della res pubblica, di stuprare madre natura di continuo, di seviziare tutte le creature viventi sulla base della logica del profitto. In un sistema di produzione capitalistico si può e si deve fare tutto ciò che porta al conseguimento dell’utile immediato ignorando l’etica, non prendendo in minima considerazione una prospettiva più a lungo termine. Oggi la cultura non è di moda. Leggere non fa figo come bere l’aperitivo in un locale chic o come pubblicare storie su instagram per riscontrare l’ammirazione di persone di cui si conosce, se tutto va bene, il nome e l’occupazione. Sarebbe opportuno che scegliessimo per il bene nostro e di tutti degli influencers maggiormente qualificati. La presa di coscienza, l’assunzione di un singolo, minuscolo sorso di verità è doloroso. E’ una doccia d’acqua fredda che in un primo momento brucia, ma poi rinvigorisce restituendo nuova vita ad un corpo mentale lento, appesantito dalla mancanza di spirito critico, dalla pigrizia intellettuale, dal modo tradizionale di pensare e fare le cose, da un continuo e incessante flusso di informazione di pessima qualità che tende ad essere descrittivo di un prodotto piuttosto che esplicativo di fatti, situazioni, problematiche. Bere dalla coppa della verità è pericoloso ma necessario e vedere distrutte le proprie illusioni e smascherati i propri stili di pensiero preconfezionati è evolutivo.

Lo scrittore Herman Hesse nel suo celebre Siddartha parla degli uomini bambini, una specie umana che per tutta la vita sceglie di non arrischiarsi ad abbandonare le gonnelle della madre, che è fermamente abbarbicata alla tradizione, che non ha l’ardire di esplorare percorsi nuovi, che per tutta la vita segue la scia di quelli che l’hanno preceduto senza chiedersi se è giusto o sbagliato, scegliendo consapevolmente o no di fare la cosa semplice, quella che riscuote il massimo grado di approvazione sociale e mai quella giusta. I fautori di percorsi innovativi, i portatori di nuove prospettive, coloro che si assumevano il rischio di pensare autonomamente sono stati fustigati, umiliati, uccisi. La storia è piena di personaggi la cui grandezza è stata riconosciuta secoli dopo. Fare la cosa giusta richiede coraggio, capacità di resistere alle critiche, spirito di sacrificio, capacità di ragionare sul lungo percorso, capacità di rinunciare ad una piccola gratificazione per un beneficio futuro più grande. Per esempio perdiamoli quei cinque minuti in più per domandarci da dove arriva il capo di abbigliamento che intendiamo acquistare, qual è l’impatto di una bistecca sull’ecosistema, se gli ingredienti presenti nei prodotti da bagno sono ittiotossici o inquinanti. E’ meglio soffermarsi e scegliere un prodotto a minore impatto globale e impegnarsi così nel concreto per determinare l’inversione di rotta e salvare la comunità umana e tutte le specie viventi dall’estinzione? Oppure comprare distrattamente la prima cosa che capita, che magari costa ed è molto probabilmente di qualità infima e perpetuare cosi uno stile di vita non più sostenibile? Qualsiasi persona a cui uno psichiatra non abbia diagnosticato una patologia attinente allo spettro psichico sceglierebbe di aspettare un mese per ricevere una tonnellata di diamanti piuttosto che accettare 100 euro subito. Eppure… molto spesso belle parole, promesse di impegno non si traducono in fatti. Si getta la spugna alla prima difficoltà, al primo sguardo di disapprovazione dei consumatori addormentati. Un’inversione di rotta richiede uno sforzo maggiore rispetto alla continuità psichica che si viene a creare con pattern di comportamento antecedenti che ormai sono entrati nel modello comune di agire. 

Il biologo Rupert Sheldrake è famoso per aver introdotto il concetto di campi morfici che è assimilabile al concetto junghiano di inconscio collettivo. Un campo morfico è un’entità che si viene a creare e che racchiude in sé le caratteristiche di tutti gli organismi di un insieme. Esiste il campo morfico della specie umana, quello delle scimmie, quello dei cani, dei topi ecc. E’ una sorta di banca dati depositaria dei programmi genetici, della struttura che ogni forma vivente andrà a realizzare. Come fa una cellula embrionale di topo a moltiplicarsi fino a dare origine all’intero organismo della bestiola? Sono tutte informazioni contenute nel campo morfico. Esiste quindi, una continuità psichica tra le generazioni. Questo vuol dire che il modo in cui noi viviamo influenzerà il modo in cui vivranno i nostri figli, i nostri nipoti e tutti gli altri esseri umani.

Oggi la fisica quantistica ha confermato il concetto dell’interconnessione tra tutti gli esseri viventi che da sempre si tramanda all’interno dei circoli esoterici. Si è finalmente creato un ponte tra scienza e religione. Noi con maggiore facilità ripercorreremo le orme dei nostri genitori riproducendo i loro modi di pensare ed agire. C’è un retroterra comune di immagini archetipiche in tutti gli esseri umani. Oggi i bambini molto piccoli imparano molto più velocemente di quelli di qualche decennio fa ad usare tablet e smarthphone perché l’uso continuo dei dispositivi elettronici è stato registrato nel campo morfico della specie umana. Lo stesso avverrà nel momento in cui molti cittadini prenderanno coscienza in relazione alla necessità di cambiare stile di vita. Tutti noi con i nostri pensieri e le nostre azioni in un circuito di azioni e feedback modifichiamo non soltanto l’ambiente fisico ma anche l’ambiente psicologico in cui agiamo e in cui vivranno i nostri discendenti. Ma… cosa si può fare per potersi definire cittadini consapevoli e non ciechi esecutori della società neoliberista che sta attentando alla vita cosi come la conosciamo? 

Innanzitutto, occorre educarsi al consumo consapevole. Fare la spesa è un atto politico, è come andare a votare, anzi, probabilmente è più utile. Occorre essere molto critici e selettivi negli acquisti, tornare a prediligere la qualità a scapito della quantità, imparare a leggere le etichette sugli indumenti, sui cibi e sui prodotti da bagno o di pulizia per la casa, promuovere un’alimentazione sostenibile che limiti il consumo di risorse allo stretto necessario e che sia rispettosa del pianeta e di tutte le forme di vita, usare i mezzi pubblici più spesso possibile e promuovere l’acquisto di auto elettriche. Per fortuna basta semplicemente poter accedere ad internet per avere tutte le informazioni necessarie vagliando ovviamente l’attendibilità delle fonti e la veridicità delle informazioni. Sono azioni che possono essere attuate da tutti, nessuno escluso nella realtà quotidiana. 

Non c’ è più tempo per le mezze misure, nessuno faccia lo struzzo. Che ognuno si assuma la responsabilità della qualità della propria vita e dell’impatto che il proprio stile di vita ha su tutto l’ecosistema perché abbiamo tutti la possibilità di essere uno strumento di giustizia, di contribuire alla diffusione e alla creazione della bellezza. Occorre soltanto rendersi conto dell’enorme potenziale racchiuso nei gesti che quotidianamente compiamo senza prestare attenzione. Siamo i creatori della realtà in cui viviamo perché tutto ciò che si realizza nella pratica è stato strutturato prima in fantasia. L’immaginazione ci consente di anticipare scenari futuri e produrre modelli comportamentali maggiormente evoluti. Per scalare una montagna basta fare piccoli passi, mettere un piede davanti all’altro, sapendo che ognuno può scegliere in che direzione andare.

Iolanda Della Monica
Blogger Gruppo Rebis

Pubblicato da Redazione Rebis

Membro gruppo esperti e gruppo redazione di Rebis.

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