Lo sguardo della Coscienza

Mettersi nello sguardo della coscienza vuol dire tante cose, ma soprattutto una: vuol dire ricordare, avere la memoria di ciò che si è e di ciò che si è stato, avere chiaro ciò che si vuole diventare e dove si vuole arrivare.

Tutto ciò che viviamo ogni giorno è soltanto un prodotto della mente, di una mente più grande dove si trovano le nostre piccole menti, ma sono sempre menti nelle quali l’energia fluttua. E in quel fluttuare un giorno nasce la coscienza, e la coscienza si arricchisce di esperienze e, a volte, si perde via in queste esperienze. Ma quando la coscienza si ritrova e non si perde più di vista, quando diventa ferma in ciò che è e ciò che deve fare, allora diventa l’osservatore della mente, della propria e di quella altrui. Ed è allora che la mente può mostrare alla coscienza ciò che la seconda è stata, ciò che lei è diventata, e ciò a cui è servita. Ed è allora che si può incominciare ad imparare dagli errori del passato e dalle esperienze già fatte permettendo alla coscienza di diventare il mago, colui che sapendo ciò che è e ciò che non è agisce con la sua volontà per cambiare ogni cosa… o per non cambiare niente.

Quando la coscienza si risveglia e incomincia a ricordare soffre, soffre perché non si riconosce nella nuova veste, o perché fa fatica a ricordarsi di ciò che sta facendo e perché lo sta facendo, non capisce perché soffre… spesso una sofferenza da lei scelta per imparare, una sofferenza spesso inutile, poiché una coscienza creativa per imparare dovrebbe osservare, riflettere ed agire con consapevolezza e creatività. Ma la coscienza si sveglia in una veste che spesso è complessa, poiché è una veste fatta da tante parti nate da una stessa energia e poi diventate tutt’altro nella dialettica degli opposti. 

Lo sguardo della coscienza è puro, è chiaro; in esso non ci sono dubbi, ma soltanto osservazione e azione. La coscienza pensa per creare, ma non si fa usare dal pensiero poiché il pensiero la trasforma in concetti, in forme succedanee di quello che lei in realtà è. Dunque il pensiero può essere usato dalla coscienza, ma non dovrebbe mai succedere al contrario. Il pensiero soffoca la coscienza, la stringe e la lascia senza fiato, ed è per ciò che la coscienza quando si sente pensata scappa.

La coscienza che si sente pensata scappa per paura di essere attaccata, perché lei viene percepita come un nemico dal corpo e dalla mente, perché è lei che fa loro da specchio, mostra loro le virtù che li elevano, ma anche e soprattutto le bruttezze che li deturpano. Allora mente e corpo attaccano la coscienza, anche perché in verità lei è arrivata dopo di loro, è nata dopo. Ma adesso che la coscienza c’è, vuole comandare perché lei sa, lei vede, lei è oltre e non ha bisogno di niente per poter andare avanti, ma nella sua natura c’è l’aiuto e il profondo senso di recupero di sé e di tutte le sue parti, che sono dentro al corpo e alla mente. Ed è per ciò che lei Ama incondizionatamente e resta qui a far comprendere e a sorvegliare che “il vero lavoro” venga fatto bene.

La coscienza è anche insistente, testarda, e quindi torna sempre per cercare di “pescare” qualche forma d’energia ancora utile ai suoi scopi. Perciò ritenta ancora una volta, butta l’amo nell’oceano della mente che ha scelto e attende.

La coscienza sa, è eterna, ma sa anche dove gioca e conosce i pericoli che ci sono nel campo di battaglia. Sa che potrebbe essere trasformata in pensiero e in questo modo dimenticarsi persino di sé stessa, di ciò che è stata e di ciò che vorrebbe diventare. E se la coscienza arriva al punto di non ricordarsi più di sé stessa, se arriva al punto di essere risucchiata completamente dentro alla mente, allora per lei è la fine.

Dunque è arrivato il momento della coscienza, di colei che guarda la mente e il corpo che ha scelto e di loro ne fa una cosa sola, attraverso il dolore, ma anche l’amore del suo sguardo. Si appiccica a loro, li modifica e li rende consapevoli, ripulendo ogni parte e, accuratamente, separandone il piombo dall’oro, trasformando poi l’oro nella comprensione di sé.

Il risveglio di una coscienza è duro, soprattutto quando essa prende consapevolezza di essere energia, perché è anche da questo momento che l’energia prende consapevolezza di sé e di esistere grazie allo sguardo attento della coscienza che l’osserva. Soltanto allora l’energia capisce di esistere e capisce di essere in qualcosa o di essere proprio quel qualcosa. Allora incomincia un calvario, perché la coscienza fa vedere a l’energia la qualità del metallo che è diventata. L’energia, allora, va in crisi perché si rende conto della bassezza e dell’uso che nelle forme si è fatto di lei, e di come lei ha partecipato volentieri perché si sentiva utile. Quindi è da questo momento che incomincia la consapevolezza della propria ignoranza e, come inevitabile conseguenza, si susseguono il crollo dell’illusioni e la visione a 360 gradi della propria stupidità.

Ma mentre questo terremoto di sensazioni ed emozioni si scatenano succede qualcosa di meraviglioso, di unico e di magico… si crea la Comprensione, una qualità dell’energia capace di lenire ogni dolore e di trasformarlo in qualcos’altro. Si apre una strada pulita e diretta verso dimensioni superiori dove si ritrovano le proprie qualità spirituali e da dove si crea un punto fermo dal quale agire con consapevolezza di sé, senza illusioni, con Amore e Umiltà.

Alberto Allas
Blogger Gruppo Rebis

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